Editoriale – Cercatori di storie

di Riccardo Federle
– Editoriale

Al delta del Po’, una delle riserve naturalistiche più particolari d’Italia, mentre sfrutto i tronchi abbandonati dalla marea per impersonare un marinaio che solca le onde verso l’infinito (crediti: Riccardo Federle)

Uno dei doni più belli della scienza è proprio il fatto che ci permette di sperimentare. E non c’è cosa più bella di farlo, almeno per me. Mi dà la possibilità di vivere in una sola vita un infinito mare di possibilità: tutte storie che si accumulano e che fanno dello scienziato un vero uomo di mondo.

Se mi chiedessero quali obiettivi ho per il futuro, infatti, devo dire che spesso sarei in difficoltà su cosa scegliere. Tuttavia di una sola cosa posso dire di essere certo: il voler diventare ogni giorno una persona migliore, accumulando tassello dopo tassello tutte le esperienze necessarie per lasciare un segno nel mondo.

Perdonerete allora, cari lettori, se in quest’ultimo mio editoriale mi presento così troppo ambizioso. Credo in verità che l’ambizione possa essere una buona qualità se equilibrata da un sufficiente livello di saggezza, necessario a fare in modo che per raggiungere i propri obiettivi si mantenga il rispetto della vita degli altri, tassello imprescindibile per operare nel tempo e nello spazio del bene.

Ecco perché allora voglio essere e continuare ad essere un cercatore di storie ed esperienze: per restare o diventare sufficientemente saggio da non calpestare la vita di nessuno.

Tra l’altro mi viene da aggiungere un’altra considerazione: che è proprio la finitezza delle esperienze vissute a diventare un criterio importante per l’acquisizione della loro qualità. I quadri di Van Gogh, gli scritti di Leonardo, le sculture di Michelangelo non avrebbero il valore che hanno se qualcuno, oggi, le stesse ancora producendo. Il loro pregio è tanto maggiore, quindi, per il fatto che, oltre ad essere opere ben fatte rappresentano uno spicchio circoscritto di una pluralità molto più grande, che non smette di essere, continuare e trasformarsi.

Torniamo però a noi, che con La Lampada delle Scienze non vogliamo certo arrogarci i diritti dei grandi geni del passato ma, nel nostro piccolo, rappresentiamo una fetta di quel mondo che cambia e che, in modo particolare, cerca di cogliere le necessità delle nuove forme di comunicazione.

Nei prossimi mesi continueremo a fare tutto questo sotto una guida diversa. Dopo l’elezione del Consiglio Direttivo da parte dei soci della Lampada delle Scienze si è scelta per il prossimo mandato la figura di una nuova presidente: Margherita Venturi.

Cosa dire di questo? Che ancora una volta possiamo darci una pacca sulle spalle. Sapersi rinnovare e il non vedersi costretti al mantenimento di una staticità per mancanza di risorse sarebbe stato infatti un epilogo quanto mai poco incoraggiante dopo quattro anni di vita della nostra attività.

Fortunatamente, invece, non è stato così: e io, personalmente, ne sono molto felice.

“Che significa?” ha chiesto qualcuno. “Che non saremo più accompagnati dalle tue parole mese dopo mese?”. Forse no, o forse si, ma magari non in questa forma. Anche l’editoriale è stato uno degli esperimenti scientifici che, in circa quaranta puntate, ha avuto il privilegio, l’onere e l’onore di cercare di portare la scienza nel quotidiano, raccontandola come fosse il filo conduttore dell’attualità che, giorno per giorno, ci troviamo a vivere.

Ma con il passare del tempo abbiamo il diritto ed il dovere di mettere in revisione anche questo scritto, se non risponderà più alle esigenze del percorso che intendiamo fare.

Certo è che io (e tutta l’associazione) continueremo a credere nei nostri obiettivi e, come è già stato raccontato in un sentito report sul nostro ultimo reincontro a Ferrara, possiamo già anticipare di avere in cantiere un grande e nuovo progetto con il quale è nostra intenzione lasciare un segno più significativo nel mondo della scienza. Ma troveremo sicuramente il modo di parlarvene.

Per ora concedetemi solo un grazie: è stata una bellissima esperienza anche essere al timone di questa nave, la nostra Amerigo Vespucci della scienza che ha solcato i primi mari inesplorati per scoprire la rotta o le rotte da seguire.

Nonostante non spetti più a me nel suo modo più formale chiedo licenza allora per un gesto conclusivo. Mi arrogo il diritto di un ultimo “ordine” che, come ormai avete imparato a conoscere, mi piace mutuare dal gergo marinaresco: cari soci, cari amici, cari sostenitori … mollate gli ormeggi, spiegate le vele, nuove avventure ci aspettano!