Ridurre il consumo di carne per uno stile di vita più sostenibile

di Antonio Zapparata
– Alimentazione

Crediti: Pixabay

Studi recenti affermano che rinunciare al consumo di carne è la singola azione più efficace per ridurre l’impatto antropico sull’ambiente, in termini di emissioni di gas serra, sfruttamento delle falde acquifere e utilizzo di pesticidi e antibiotici. Questa soluzione draconiana limiterebbe drasticamente il fenomeno della deforestazione, oggigiorno in crescita a causa della ricerca continua di terre coltivabili. Senza più produrre carne e derivati, l’area da destinare ai terreni agricoli si ridurrebbe del 75%, riuscendo comunque a soddisfare il fabbisogno energetico mondiale. Nel frattempo, nei laboratori di ricerca si stanno sperimentando soluzioni alternative alla produzione convenzionale di carne, più sostenibili dal punto di vista ambientale.

Per avere un’idea del fenomeno, immaginiamo di fare un viaggio lungo la nostra penisola: Milano-Palermo, andata e ritorno, con un’auto a benzina. Al termine del viaggio, avremo emesso circa 700 kg di gas serra, tanti quanti quelli originati dal consumo di manzo e pollo pro-capite in un anno seguendo una dieta mediterranea.

Facendo riferimento a stime condivise, il settore zootecnico, che attualmente occupa dal 30% al 50% delle terre emerse libere dal ghiaccio, è responsabile di circa un settimo delle emissioni globali di gas serra e sfrutta un terzo dell’acqua dolce disponibile.

In questo scenario, è evidente che per contenere il riscaldamento globale a 1.5°C rispetto ai livelli pre-industriali ci sia bisogno anche di ridurre il consumo di carne che, per contro, sta aumentando a livello globale per via della crescita demografica e dell’aumento del reddito medio pro-capite.

La crescita costante della popolazione e la necessità di limitare la deforestazione stanno spingendo gli scienziati alla ricerca di soluzioni per disconnettere la produzione di cibo dall’agricoltura, cioè dalla terra. Infatti, le tecnologie per la produzione di “carne” in laboratorio sono in rapido sviluppo. Nella baia di San Francisco, decine di imprese stanno investendo sulla sintesi di carne partendo da cellule somatiche o, perfino, cellule staminali per poter ricreare un tessuto specifico. La start-up israeliana Aleph Farms è riuscita ad assemblare un piccolo tessuto muscolare bovino a bordo della Stazione Spaziale Internazionale orbitante, grazie all’ausilio di una biostampante 3D. C’è chi invece ha imparato a sfruttare l’aria per produrre proteine. È il caso della finlandese Solar Foods, che ottiene la soleina dalla fermentazione di microbi in presenza di idrogeno, CO2, nutrienti e vitamine. Un processo più efficiente della fotosintesi e 100 volte più sostenibile della produzione di carne.

Con tutto ciò, le imprese dovranno superare alcuni ostacoli per far sì che queste tecnologie si affermino sul mercato; tra tutte, lo scale-up del sistema, che implica il dimensionamento della produzione su vasta scala; inoltre, da un punto di vista etico, la carne prodotta in laboratorio solleva questioni morali da dirimere.

Una dieta da Oscar

Il modo in cui produciamo carne è insostenibile. Cambiare la nostra dieta non significa diventare tutti quanti vegani, bensì consumare meno carne e più frutta e verdura. Ciò renderebbe noi e il nostro ecosistema più sani, altresì alla luce della crisi sanitaria mondiale riguardante obesità, cardiopatie ischemiche e diabete. Gli studi a sostegno degli effetti benefici di una dieta a base vegetale non mancano; nondimeno, le abitudini alimentari potranno modificarsi grazie agli sforzi congiunti della società civile, delle organizzazioni sanitarie e dei governi.

Un segnale mediatico importante è giunto quest’anno dalla cerimonia dei premi Oscar, in cui il pranzo riservato ai candidati era interamente plant-based.