Questione di fortuna
di Giulia Brancato
– Recensione

Crediti: Pixabay
Titolo
Una serie di fortunati eventi
Autore
Sean B. Carroll
Anno di pubblicazione
2022
Editore
codice edizioni

Alcuni la chiamano sorte, buona o cattiva a seconda dei casi. I più fatalisti preferiscono rifarsi al destino o al più popolare karma, pronti a vedervi una ricompensa per le loro buone azioni o una punizione per i torti commessi. Le varie religioni lo interpretano invece come il capriccio di qualche divinità, o perlomeno un suo progetto nascosto. Gli scienziati, infine, cercano di discostarsi da qualunque spiegazione irrazionale e quindi lo chiamano semplicemente ‘il caso’.
La nostra specie adora vedere il caso in azione: fare previsioni, osservare con un brivido ciò che accade e provare infine il piacere di averci azzeccato o la delusione di essere stati sconfitti da un qualcosa di invisibile e ineluttabile. Questo avviene soprattutto nei giochi, ogniqualvolta lanciamo un dado o peschiamo una carta. Il calcolo delle probabilità che ci insegnano a scuola nasce proprio in funzione del gioco. Gli esseri umani sono attratti dalle scommesse fin dall’antichità, poco importa se si usano sassolini colorati oppure il poker online.
Ma non facciamo confusione: Una serie di fortunati eventi, il saggio di Sean B. Carroll (codice edizioni), non è pensato per farvi vincere al gioco d’azzardo. Tuttavia, forse vi eviterà di scommettere somme improponibili su qualcosa che non ha nulla di scientifico. Ne sono un esempio i famosi ‘numeri ritardatari’ della lotteria, tanto gettonati in Italia (perfino nel libro l’autore cita il nostro paese in un episodio del 2004, non proprio edificante, riguardo il numero 53 e la ruota di Venezia).
Qui invece non si tratta solo di denaro. Il caso (e di conseguenza il calcolo delle probabilità) può fare la differenza tra la vita e la morte. Basti pensare a chi per puro caso si è trovato sugli aerei che si sono schiantati sulle torri gemelle e a chi, sempre per caso, non vi è salito (Seth MacFarlane, creatore de I Griffin, è arrivato in ritardo all’aeroporto quel giorno. Un ritardo che lo ha salvato).
Carroll analizza nel suo libro il nostro rapporto conflittuale con il caso e con la probabilità, non sempre compresa appieno dalla mente umana. Il fascino che il caso esercita su di noi ci porta infatti a trattarlo come un qualcosa di magico e al di fuori della logica. Invece la probabilità ha regole che sono state studiate ed applicate nei più svariati ambiti, soprattutto nelle scienze naturali e sociali. E, anche se non sempre sono in grado di evitare le disgrazie, permettono spesso di evitare i rischi più grossi, che si tratti di un’alluvione o di un tumore.
Certo, anche gli scienziati sono esseri umani. Quando, nel 1970, il biologo e filosofo Jacques Monod, già premio Nobel per la medicina, pubblicò Il caso e la necessità, si creò un certo scompiglio pure tra gli addetti ai lavori. Il libro di Monod analizzava le implicazioni filosofiche delle nuove scoperte della biologia ed ambiva ad utilizzare il caso come la base per una nuova etica su cui costruire la nostra vita.
Non è andata esattamente come sperava Monod, ma neanche come volevano i suoi detrattori. Il caso non è diventato il centro della nostra etica, ma senza dubbio è entrato prepotentemente del mondo della scienza. Appoggiandosi al testo del biologo francese, Carroll sottolinea come oggi, in biologia, il puro caso sia «alla radice stessa del prodigioso edificio dell’evoluzione», motivo per cui anche l’uomo non è altro che «il prodotto di un numero incalcolabile di eventi fortuiti». Siamo qui semplicemente per una serie di fortunati eventi, appunto.
L’autore amplia e arricchisce il discorso di Monod con ciò che il biologo francese non ha potuto conoscere. Scoperte che vanno dalla scala planetaria a quella molecolare e che «colgono il caso in flagrante» in più occasioni. Dall’impatto improbabile di un asteroide che ha portato all’estinzione di massa dei grandi rettili, ad episodi altrettanto improbabili che hanno plasmato il clima e i continenti del pianeta Terra ed hanno, tra le altre cose, permesso alla nostra specie di diffondersi ovunque superando periodi di grande caos.
Ma non ci si limita a guardare agli eventi universali. Il caso, lo abbiamo detto, influenza profondamente anche le nostre singole vite, a cominciare dalla nostra nascita. Noi siamo infatti un evento unico, dato dalla combinazione casuale dei cromosomi dei nostri genitori (avete presente quando per dire che siete speciali vi dicono “sei uno su un milione”? Ecco, è una stima molto al ribasso). I geni si rimescolano continuamente in maniera casuale ed è ciò che assicura alla specie la biodiversità sufficiente a sopravvivere ai cambiamenti esterni evitando l’estinzione (almeno, si spera).
Questa sequenza di «cose che capitano» non può che andare a minare i confortanti pilastri dell’antropocentrismo. Carroll, come Monod, è un evoluzionista e non è la prima volta che si scaglia contro chi crede in un disegno superiore. Comprende tuttavia quanto questo possa spaventare un essere umano che cerca di capire il perché della sua esistenza. Sa di averci intimorito e non si sottrae ad un intervento personale su come reagire a questo disorientamento.
Per questo, nella parte finale di questo «libro relativamente piccolo dedicato a un’idea molto grande», Carroll si permette di arrischiare qualche speculazione sul senso della vita, affidandosi però a un piccolo gioco letterario. Indossando i panni del moderatore, lascia che a discuterne sia un’ipotetica, curiosa assemblea composta non solo da scienziati, ma anche da filosofi, scrittori e comici. Sfruttando interviste e dichiarazioni dei vari personaggi, cerca quindi di fornire i loro punti di vista.
Le sue conclusioni possono trovarci più o meno d’accordo. L’opera di Monod non ha rivoluzionato la nostra società e Carroll non ha ambizioni altrettanto alte. Tuttavia, in qualunque cosa voi crediate, ciò che chiede l’autore di questo libro è semplicemente di «offrire al caso una seconda possibilità».