La scienza delle illusioni
di Riccardo Federle
Editoriale

Alla mostra “L’occhio in Gioco” presso il Palazzo del Monte di Pietà a Padova, mentre mi diverto con una delle opere artistiche (Crediti: Riccardo Federle)
Viviamo di illusioni … e non è solo un modo di dire. O forse, per essere un po’ più preciso, dovrei dire che viviamo di percezioni. In effetti tutto ciò che ci circonda, per quanto vero possa essere, rimane sempre e comunque solo una proiezione della nostra mente, un artefatto!
Che pensiero cinico, mi direte. Da un punto di vista filosofico non potrei che darvi pienamente ragione ma da quello scientifico certamente no: secondo la scienza, infatti, questa è la perfetta descrizione di quanto potenziale abbia il nostro cervello, un organo in grado di creare intere realtà conoscitive a partire da pochissimi stimoli … e di come nonostante tutto, grazie ad alcuni accorgimenti, sia possibile anche ingannarlo.
C’è da dire comunque che il rapporto tra mente e realtà ha sempre affascinato gli studiosi di ogni tempo ed ha costituito, nella storia, la base di partenza per il concetto di “perfezione”: le costanti matematiche, le sequenze di numeri (come quella di Fibonacci), le spirali, i cerchi, le sfere, la sezione aurea sono quindi continui tentativi di dare una regola alla natura ed al lavoro dell’uomo a sua imitazione.
Nella dura lotta tra ideale e reale, quindi, hanno sempre vinto gli studi e le ipotesi. Numerosi sono perciò i testi antichi che, nel Medioevo o nel Primo Rinascimento, sviluppano il tema della concentricità collegata all’immagine del mondo … e della sua evoluzione tridimensionale nella perfezione della sfera, il culmine del rapporto tra simbologia e colore. Non è un caso, ad esempio, che le cosiddette sfere armillari (o astrolabi sferici) siano di fatto un insieme di cerchi concentrici mobili che rappresentano vari aspetti cosmologici e geografici come equatore, meridiani, paralleli e piani dell’eclittica.
Un esempio di sfera armillare (Crediti: web) seguito da alcune fotografie di testi medievali che riportano il lavoro di studio e di molte ipotesi sulla geometria del mondo e dell’uomo (crediti: Riccardo Federle)
Tra il XVI e il XVII secolo si imprime un’altra tappa fondamentale di questo percorso attraverso gli sguardi perché iniziano gli studi più raffinati sulla prospettiva che arrivano ad elaborazioni complesse come le “anamorfosi”: si tratta di effetti ottici che puntano ad ottenere forme grazie alla distorsione prospettica delle linee in un senso di dinamismo dell’immagine che quindi resta riconoscibile solamente se osservata secondo certe condizioni (come un preciso punto di vista) o attraverso l’uso di strumenti deformanti (come specchi).
In altri casi si punta invece a continuare a trasmettere l’idea del movimento. Ed è qui che, in modo particolare, entra in gioco la mente: se infatti una forma che per sua natura è ferma riesce a trasmettere un’idea di moto lo può fare solo grazie allo spettatore che diventa parte attiva nel processo di percezione dell’opera.
L’arte dell’illusione diviene quindi il gioco dell’artista e la scienza la sua alleata segreta: chi crea le opere si trasforma in uno scienziato cosciente della natura psicologica e anatomo-fisiologica dell’uomo e sfrutta questo sapere per porre la persona al centro di un simpatico gioco sensoriale fatto di inganno e sorpresa.
Alcune fotografie di opere illusionistiche che giocano sulla distorsione prospettica delle linee, se pur di un’epoca posteriore (Crediti: Riccardo Federle)
Terzo passaggio significativo di questo percorso è quando si inizia a parlare di “psicologia della percezione”. Finalmente, cioè, avviene una effettiva presa di coscienza del metodo con il quale l’occhio e il cervello collaborano per dare forma e colore al mondo. Se prima poteva essere solo un tentativo empirico dell’artista-scienziato … ora l’aspetto accademico diventa fondamentale fino ad istituire una vera e propria corrente di psicologica agli inizi del XX secolo.
Conosciuta in tutto il mondo come teoria della Gestalt, in Italia questa “dottrina” vede tra i suoi esponenti nomi come Vittorio Benussi (Trieste, 1878 – Padova, 1927) e il suo allievo Cesare Musatti (Dolo, 1897 – Milano, 1989). Essi si sono dedicati a molteplici temi di ricerca in questo settore, in modo particolare per quanto concerne i cosiddetti fenomeni stereocinetici (quelli cioè che riguardano la percezione tridimensionale generata da oggetti bidimensionali in movimento).
Ma il contributo più importante sembra essere stato quello offerto da Fabio Metelli (Trieste, 1907 – Padova, 1987) che ha condotto una vera e propria indagine sperimentale della percezione visiva per approfondire la conoscenza delle trasparenze. Questa ricerca, dopo il dovuto riconoscimento da parte della comunità scientifica internazionale, ha visto il successo nella pubblicazione di un articolo su “Scientific American”.
Rimane pertanto incredibile pensare a quanto studio e quanta scienza possa nascondersi dietro ad una singola linea tracciata ed alla sua curvatura. Certo è, però, che l’occhio rimane una delle nostre più significative finestre sulla realtà e, per quanto ingannevole, anche la fonte di moltissime sensazioni appaganti.
Ecco perché noi, con la nostra Lampada delle Scienze, vorremo non smettere di sfruttare anche la vista per provocare emozioni attraverso la scienza. Così, tra illusioni e bellezze, ogni sguardo può continuare a brillare.
Concludo con un’altra immagine giocosa, questa volta con una complice, sempre al Palazzo del Monte di Pietà della città patavina