Il peso della scienza
di Riccardo Federle
Editoriale
Al Palazzo della Pilotta di Parma mentre sostengo il mio “peso del mondo”. Crediti: Riccardo Federle
Sembra che su alcuni uomini ricada il peso del mondo. Come Atlante, il famoso titano della mitologia greca condannato da Zeus a sostenere la volta celeste perché non cadesse sulla terra, anche certe persone vivono con il costante fardello della responsabilità di vite altrui.
Ed in effetti quello appena passato è stato un anno che ha palesato due esempi salienti di quanto sto cercando di raccontare: la scomparsa di Elisabetta II e Benedetto XVI è stata o è l’occasione, infatti, per prendere confidenza con figure che, se pur in contesti diversi, hanno speso la propria vita per una missione che, ad un certo punto, ha probabilmente limitato fortemente buona parte della loro sfera personale.
Non voglio però entrare nel merito dei singoli soggetti, né spingermi ad un giudizio storico, politico, teologico o umano su di loro. Mi interessa solo fermarmi a cogliere l’enorme difficoltà di trovarsi ad indossare un abito che, ad un certo punto, finisce col togliere la libertà delle proprie scelte.
Sono esempi estremi, mi direte … e in fin dei conti a loro non è mai mancato nulla. Ma ancora una volta ci tengo a sottolineare che l’intento non è valutare il tipo di casa, il conto in banca o la quantità di personale di servizio: il mio occhio si sofferma su gesti ben più semplici. Avrà mai potuto Sua Santità, in una serata in cui si sentiva stanco, decidere di prendersi una pausa e dedicarsi ad un rilassante “pizza e film” sul divano in pigiama? E alla Regina sarà mai stata concessa la semplicità di un aperitivo senza stress con vecchie amiche al bar dietro l’angolo di Buckingham Palace?
Mi perdonerete allora l’ironia … ma è chiaro che certe cose non le hanno mai potute fare. La loro vita, al contrario di quanto potrebbe sembrare, è stata spesso un giogo pesante di responsabilità in uno spazio vitale ben più ristretto del previsto: una gabbia dorata, qualcuno direbbe.
Alcune immagini tratte dal film “I due papi” visibile su Netflix nelle quali si vedono Benedetto XVI e papa Francesco (ancora nelle vesti di cardinale Bergoglio in una delle due scene) che guardano una partita di calcio o mangiano la pizza assieme da buoni amici. Verità o licenza poetica?
In misura minore, comunque, anche ciascuno di noi si sente incastrato in un sistema nel quale fa fatica talvolta a respirare. In modo particolare nei cosiddetti ruoli apicali: quando cioè la carriera ci porta al comando di un gruppo di individui e iniziamo a sperimentare tutto il peso della situazione. Tremendamente abituati alle innumerevoli fiabe che ascoltiamo da bambini dove è il popolo che deve obbedienza al Re, finiamo per non comprendere quanto a sua volta chi sta sopra abbia un sacco di oneri nei confronti del proprio gruppo, troppo spesso dati per scontati. Mai un ringraziamento, un apprezzamento … spesso solo pesanti critiche. C’è da dire, ad onor del vero, che anche chi governa deve però imparare a spendere bene le proprie carte: in questo caso, ad esempio, empatia e comunicazione rimangono i tratti salienti per una buona riuscita di gestione.
Per quanto riguarda però il senso di pesantezza potremmo concludere dicendo che non si tratta di una semplice questione di massa: la forza di gravità, per una volta, è esonerata da ogni responsabilità.
Ben più di quello scientifico, infatti, è il lato umano il vero colpevole di tutto lo stress che ci avvolge e, giorno dopo giorno, logora la leggerezza con la quale dovremmo affrontare la quotidianità. Se ci dovessimo solo basare sulla scienza sarebbe tutto molto più semplice perché parlerebbero i numeri: quale sarebbe, ad esempio, il “peso” effettivo del genere umano rispetto alla totalità della vita sul nostro pianeta?
Per rispondere recupero i dati di un lavoro di Ron Milo, professore di biologia dei sistemi presso il Weizmann Institute of Science di Israele, il quale ha fatto una stima della quantità di carbonio complessiva della biomassa del mondo. Secondo i suoi studi il totale degli esseri viventi è formato da 550 gigatonnellate (GT) (1 GT = 1 miliardo di tonnellate) di carbonio: di queste 450 sono piante. Quello che rimane è suddiviso tra le 70 GT di batteri, le 12 GT di funghi, le 7 GT di organismi unicellulari, le 4 GT di alghe e le 2 GT di animali.
E l’uomo? Beh, quello si fa forza della sua percentuale irrisoria di 0.06 GT: praticamente lo 0.01% del totale.
Tuttavia, pur essendo nulla, una piuma su di un pianeta che a sua volta è una scheggia che vaga nella complessità dell’Universo, il genere umano non smette di complicare indegnamente le proprie giornate con gli atteggiamenti più ignobili: e così invidie, rivalità e cupidigia diventano fin troppo spesso il filo conduttore di un’esistenza che si colora di ogni sfumatura di grigio.
Un modo di fare che, alla fine, rovina sia chi lo prova sia tutto ciò che lo circonda: si stima, sempre grazie agli studi di Milo, che dagli albori della civiltà l’uomo abbia causato la perdita dell’83% dei mammiferi, dell’80% degli animali marini e del 50% delle piante. E chissà cos’altro continuerà a fare. La speranza rimane sempre quella di pensare a questo modello di “comportamento umano” non come uno schema a senso unico quanto piuttosto quale continuo processo di crescita e miglioramento: e la scienza in questo ci aiuta offrendo esempi di condotta virtuosa. Ma sapremo domare anche quel lato relazionale ed irrazionale maggiormente responsabile dei nostri drammi?
Forse basterebbe solo capire che, se analizzato dal punto di vista prettamente scientifico, la vita rappresenta una piccola, marginale, rapidissima finestra a dispetto di un’eternità ignota: vale davvero la pena, dunque, sprecarla con sentimenti negativi?
Noi della Lampada delle Scienze pensiamo di no e per questo ci impegniamo giorno dopo giorno affinché la scienza diventi occasione di crescita, gioia e armonia. Anche tu che ci leggi, allora, puoi fare lo stesso!