Dio salvi la… biodiversità!

di Riccardo Federle
– Editoriale del Presidente

A Brescia cercando di “sostenere” la biodiversità. Crediti: Riccardo Federle

“God save the Queen!”. Si, “Dio salvi la Regina” è quanto abbiamo sentito ripetere più e più volte da bocche inglesi in occasione dei recenti giorni di festeggiamento per il giubileo di platino di Sua Maestà. Elisabetta II, infatti, il 6 febbraio 2022 ha festeggiato 70 anni dalla sua incoronazione e ad inizio giugno ha goduto dei meritati festeggiamenti: si tratta di una delle monarchie più lunghe della storia (al primo posto, per ora, rimane il Re Sole in Francia con 72 anni di regno e 110 giorni) e certamente la più duratura per una donna al trono (la Regina Vittoria, altra sovrana britannica longeva, è solo al decimo posto).

Settant’anni sembrano davvero piccola cosa per la vita del nostro pianeta (che ricordiamo avere la veneranda età di quattro miliardi e mezzo di anni). Eppure in realtà si tratta di un tempo sufficientemente lungo per imprimere forti cambiamenti in ambiti anche molto diversi: politici, sociali, culturali… ma anche e soprattutto ambientali. E se quindi siamo certamente tutti concordi nell’augurare alla sovrana del Regno Unito di governare in salute ancora molti anni, sono altrettanto sicuro che, dati i preoccupanti cambiamenti climatici che ci stanno travolgendo, converrete con me nell’importanza di mutare quella più nota e convenzionale invocazione in un’altra decisamente più impellente: “Dio salvi (anche) la biodiversità!”

Ma di cosa stiamo parlando? Quando usiamo il termine “biodiversità” intendiamo di per sé la ricchezza di vita sulla terra. È il più grande patrimonio che abbiamo a disposizione: milioni di piante, animali e altri microrganismi con tutta la variabilità genetica e gli ecosistemi che essi vanno a comporre. In particolare, la convenzione ONU sulla Diversità Biologica definisce la biodiversità stessa come la varietà e la variabilità degli organismi viventi e dei sistemi ecologici in cui essi vivono, evidenziando che essa include le diversità a livello genetico (intesa come diversità di geni all’interno della stessa specie), di specie (misurabile in termini di abbondanza o carenza di una determinata specie in un habitat) e di ecosistema (riferibile al numero ed alla copiosità degli habitat).

Anche la giornata mondiale per la biodiversità (o più correttamente “Giornata internazionale sulla diversità biologica”) è quindi una data altrettanto significativa quanto la commemorazione delle Altezze Reali e si celebra ogni anno il 22 maggio, in ricordo di questo stesso giorno che nel 1992 ha visto la redazione, a Nairobi, della Convenzione sulla Diversità Biologica, un trattato internazionale avente come obiettivo la conservazione della biodiversità, il suo utilizzo sostenibile e una giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dalle risorse genetiche.

E tanto più noi dovremmo essere fieri di festeggiare questo giorno, noi abitanti del Bel Paese, ospiti cioè di un lembo di terra che rappresenta una minuscola parte delle terre emerse ma che, grazie alla sua enorme diversità ambientale, climatica e topografica, disegna un panorama di biodiversità tra i più significativi in ambito europeo, sia per numero totale di specie animali e vegetali, sia per l’alto tasso di endemismo (la presenza cioè di specie di flora e fauna in modo esclusivo in un determinato posto: in Italia un esempio sono le isole tirreniche, alcune zone dell’Appennino e delle Alpi Marittime e Liguri).

La penisola italiana è forte della sua posizione centrale nel Mediterraneo, un mare buono, nato dal braccio orientale dall’ancestrale oceano preistorico della Tetide, che separava i “maxicontinenti” di Laurasia e Gondwana: crogiolo di venti, con una estensione costiera elevatissima, secondo le fonti ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) vanta un numero di consistente entità rispetto a specie e sottospecie di flora: 1169 briofite (più comunemente note come muschi), 2704 licheni e 8195 piante vascolari.

In foto: a sinistra un’immagine della Terra come si presentava circa 250 milioni di anni fa, con i due grandi continenti di Laurasia e Gondwana e in mezzo il mare della Tetide da cui nascerà successivamente il Mediterraneo; a destra un maggiolino, insetto fortemente a rischio di estinzione in Italia.

60000 è invece la stima delle specie italiane di fauna: di queste il 98% sono invertebrati mentre circa 1300 sono i vertebrati (in particolare gli insetti rappresentano una delle popolazioni più numerose). Infine, risulta di estrema importanza anche la componente di flora e fauna marina: quasi 2800 specie sono afferenti alla prima categoria (delle quali oltre 1400 assimilabili al fitoplancton) e più di 9300 appartengono alla seconda.

Non trascurabile, come si diceva, è poi l’endemismo: per la flora si raggiungono picchi endemici superiori al 16%, per la fauna addirittura più del 20%.

Mi sentirei anche qui, a questo punto, di riconiare una frase ben più nota. Da grandi risorse, in questo caso, derivano grandi responsabilità. E in effetti le Liste Rosse Italiane (elaborate dal Comitato Italiano della IUCN – Unione internazionale per la conservazione della natura) descrivono dati ben poco rassicuranti per la salvaguardia di patrimonio e biodiversità dello stivale: sono infatti minacciate o a rischio di estinzione il 43% delle 202 specie tutelate della nostra flora. Tra gli animali, invece, compaiono a rischio di estinzione il 21% dei pesci cartilaginei, il 48% dei pesci ossei d’acqua dolce, il 2% dei pesci ossei marini, il 19% dei rettili, il 36% degli anfibi, il 23% dei mammiferi e il 29% degli uccelli. Infine, secondo i dati più aggiornati delle liste mondiali, 240 specie italiane sono a rischio di scomparire per sempre.

Qui sopra una infografica della IUCN ci aiuta a comprendere le specie a rischio in Italia

È sempre più preoccupante, perciò, per parafrasare Francesco Petretti, noto naturalista e divulgatore scientifico che ho avuto il piacere di conoscere dopo un suo incontro pubblico, non sentire più il canto delle cicale o non gioire più dei maggiolini che volano liberi per i prati. E ancor di più ci deve preoccupare la notevole carenza di insetti impollinatori: oltre un terzo degli alimenti umani verrebbe meno senza l’instancabile lavoro di api, bombi, farfalle, mosche e altri piccoli insetti.

Penso a come sarebbe amareggiato Plinio il vecchio che, tra i primi scienziati dei tempi antichi, aveva tessuto con la prosa le innumerevoli meraviglie del nostro territorio. Così parlava infatti della natura: “La terra è benigna, mite, indulgente, ed alle richiedenze dei mortali serva continua; quante cose, costretta, produce, quante altre spontaneamente distrugge; quanti profumi, sapori, succhi, sensi ci offre! Con quanta onestà ci rende i tesori che a lei affidiamo! Quante cose per utile nostro essa alimenta”.

Come racconterebbe lui il tempo presente? Con la speranza di un bambino o il realismo di un uomo?

Molte potrebbero essere le parole ma certamente uno solo rimane il metodo fruttuoso: quello, cioè, di non cercare colpe ma di trovare una soluzione.

Anche questa volta giunge un fumetto a sorpresa che mi vede come un impegnato naturalista immerso nella biodiversità.