NON È TANTO IL CALDO… È L’ACIDITÀ!
di Manuela Gialanella
– Biologia

Crediti: UnSplash
Facciamo un esperimento, vi va?
Provate a dire ad alta voce il nome di un animale a rischio di estinzione, il primo che vi viene in mente.
Non posso sentirvi e non sono un mago, ma so comunque che in tanti avrete pensato al panda, al koala, forse alle tartarughe marine, i più appassionati a qualche uccello tropicale, e in pochissimi persino a degli insetti, farfalle magari.
L’aspetto in comune che hanno queste e altre specie in pericolo è che ispirano in noi una certa tenerezza, ci invogliano a proteggerle, in un certo senso. Chi mai potrebbe guardare un orsetto peloso e non provare il desiderio di salvaguardarlo?
Lo stesso non si può certo dire per un altro gruppo di animali, che pure è fra i più a rischio di tutti: gli squali.
Fanno parte del gruppo dei pesci cartilaginei, ovvero con lo scheletro fatto di cartilagine, ed esistono da almeno 400 milioni di anni. Sono incredibilmente resilienti e hanno controllato gli ecosistemi marini da allora, sopravvivendo a 5 estinzioni di massa, mentre i grandi dinosauri sono stati spazzati via in un solo colpo. Impressi nella nostra memoria dai tempi di Spielberg come creature gigantesche, affamate e brutali (anche se in realtà esistono specie di squali che da adulte stanno comodamente in una mano), questi imponenti predatori sono oggi sull’orlo del collasso.
Infatti, tutto ciò che li ha fatti sopravvivere sin ora non basta a salvarli dai danni che una certa scimmia poco pelosa sta provocando al pianeta.
Anche se a guardarli non lo direste mai, gli squali hanno bisogno di aiuto.
La minaccia principale è quella della pesca eccessiva, che avviene un po’ in tutto il mondo, sia di proposito che per errore, dato che può succedere che restino impigliati in reti non destinate a loro.
Oggi qui però non affronteremo tanto questa questione, parleremo invece di una minaccia più subdola, ma che allo stesso tempo ci permette di riflettere sulle conseguenze, a volte quasi invisibili, che le nostre azioni hanno sull’ecosistema Terra: il cambiamento climatico.
E qui ci si potrebbe chiedere: “Ma scusa, questi so’ sopravvissuti a cinque estinzioni di massa…i meteoriti… tuttecose…e mo si scompongono per qualche grado in più?!”.
La prima cosa da tenere a mente è che sì, il clima è sempre cambiato, ma gli attuali cambiamenti nei valori di temperatura sono molto più veloci di quelli passati. Affinché una specie possa evolversi, cioè adattarsi per esempio a un mare più caldo, servono tempi lunghissimi: parliamo di centinaia di migliaia, o più comunemente milioni, di anni. Se l’ambiente cambia più rapidamente rispetto a questo lasso di tempo, è probabile che molte specie si estinguano, non riuscendo a tenere il passo.
Attualmente si prevede che le condizioni del mare metteranno in crisi gli squali già fra qualche centinaio di anni, che per noi è un tempo lunghissimo (facciamo in tempo a vedere il finale di “Un Posto al Sole”), ma per l’evoluzione è meno di un battito di ciglia.
Come dicevo nel titolo, il problema non sarà solo il caldo… ma anche l’acidità.
Per essere precisi, l’acidità del mare.
Il discorso è un po’ complesso ma il succo è che noi, con tutte le nostre attività, immettiamo nell’atmosfera un sacco di anidride carbonica (CO2). In effetti ci sarebbero tanti motivi per preoccuparcene, ma per ora occupiamoci dei due che ci interessano di più, o meglio che interessano di più agli squali.
Il primo motivo è che si tratta di un “gas serra”, ovvero uno dei gas responsabili del cosiddetto “effetto serra”, che consente di trattenere sul nostro pianeta buona parte del calore che riceviamo dal Sole: quindi, più ce n’è, più calore viene trattenuto.
Il che a certi livelli è una cosa buonissima, senza gas serra la terra sarebbe un’adorabile pallina ghiacciata e inabitabile. Però, se aumentano troppo, aumenta di conseguenza anche la temperatura, col rischio di passare da pallina ghiacciata a pallina rovente. (Magari vi sarà capitato di vedere, comprando i biglietti di autobus o aerei, un’opzione del tipo “compensa le tue emissioni di CO2”. Significa che, pagando un extra, potete finanziare della attività, come il piantare nuovi alberi, che andranno in parte a compensare il danno fatto emettendo quella CO2 visto che, nel caso specifico, gli alberi la assorbono).
Il secondo motivo è che una parte di anidride carbonica entra nel mare, rendendo l’acqua più acida.
Non vi preoccupate, non diventerete scheletrini se andate a fare il bagno, ma per gli animali che ci vivono dentro anche piccoli cambiamenti, per noi innocui, possono essere molto impattanti.
E qui arriviamo ai nostri amici squali. Diversi studi in laboratorio, con squali allevati in condizioni di acidità o temperatura che si prevede saranno quelle del 2100 per esempio, hanno dimostrato che acqua più acida e/o più calda può portare a problemi nella formazione del loro scheletro: in alcuni casi si mineralizza troppo, in altri troppo poco. E questo potrebbe portarli a nuotare peggio e con più fatica.
Inoltre, tutti gli squali hanno la pelle coperta di piccoli dentelli ossei, che li aiutano nel nuoto, rendendoli estremamente idrodinamici. E guarda tu che sfiga, i livelli di acidità previsti per il 2300 possono corrodere questi dentelli.
Dulcis in fundo, ma non tanto dulcis, l’aumento di temperatura porta a una diminuzione nelle dimensioni in moltissimi animali.
Squali più piccoli! Sembra ottimo! In realtà, se pensiamo al ruolo che questi grandi predatori hanno nel controllo della catena alimentare, garantendo il benessere degli ecosistemi, potrebbe non essere proprio così.
Naturalmente, tutti questi studi sono solo agli inizi, nulla è ancora certo, molte ipotesi vanno approfondite, e solo sviluppi futuri ci potranno aiutare a capire meglio quali effetti gli attuali fenomeni climatici avranno su questi e altri animali.
Il messaggio, quindi, è di speranza, perché più si conosce più si può cercare di limitare i danni e aiutare queste splendide creature.
Degli squali non bisogna avere paura, sono un tassello tanto fragile quanto importante della vita nei mari, e quindi della vita tutta.
Meritano la nostra attenzione e cura esattamente come altre specie a rischio di estinzione.
E infatti, proprio su questa riga, mi piacerebbe concludere con una citazione di Peter Benchley, l’uomo che forse più di chiunque altro ha contribuito alla cattiva fama degli squali in tempi moderni: è infatti l’autore del libro “Lo squalo” da cui poi è stato tratto l’omonimo e famosissimo film di Steven Spielberg, che li dipinge come mostri assetati di sangue.
Negli anni Benchley si è appassionato sempre di più a questi animali, scoprendo anche gli orrori a cui sono soggetti, soprattutto nel mondo della pesca, come il terribile taglio delle pinne o finning.
Per questo motivo ha dedicato tempo e denaro (fra cui i ricavi del film) alla conservazione degli squali, fino alla sua morte.
In un suo articolo del 1995 intitolato “L’Oceano in pericolo”, disse che, se avesse riscritto da capo il libro, avrebbe raccontato “lo squalo come vittima perché, a livello globale, gli squali sono molto più oppressi che non oppressori”.
“Sapendo quello che so ora, non potrei mai scrivere quel libro oggi. […] gli squali non puntano agli esseri umani, e sicuramente non serbano rancore”.

Manuela Gialanella (Collaborazione)
Laureata in Biologia all’Università degli Studi Federico II di Napoli, ha svolto attività di comunicatore scientifico e guida museale presso la Fondazione Dohrn di Napoli e si è occupata di attività guidate, supporto nella produzione di materiali didattici e informativi, allestimenti museali e progettazione laboratori didattici per la Stazione Zoologica “Anton Dohrn”, dove ha anche svolto il tirocino presso il dipartimento di Animal Care and Public Engagement.
Con La Lampada delle Scienze, Manuela collabora scrivendo articoli scientifici divulgativi.