Wormhole: fantascienza o realtà?
di
Gianluca Santini
– Astrofisica

Crediti: Pixabay
“Scientists simulate ‘baby’ wormhole without rupturing space and time”. Così titolava The Guardian nei primi giorni dello scorso dicembre, annunciando che alcuni scienziati sarebbero riusciti a simulare un piccolo wormhole senza rompere lo spazio-tempo.
La notizia si è quindi diffusa rapidamente, portando a conclusioni errate o sommarie. Ma quale è la vera importanza di questo esperimento? È un enorme passo avanti nello studio di questi oscuri fenomeni oppure la sua rilevanza è minore?
Per rispondere a queste domande bisogna prima chiarire i concetti di wormhole e spaziotempo.
Lo spaziotempo
Immaginiamo di prendere un grande telo e stenderlo su una superficie circolare, ad esempio un hula hoop, in modo che sia ben teso; quindi, posiamo sopra di esso prima una pallina da ping-pong e poi una palla da biliardo. Come è facile immaginare, poiché la palla da biliardo è più pesante di quella da ping-pong deformerà il telo di più rispetto a quella più leggera.
Abbiamo appena costruito un modello di spaziotempo. Per esprimerlo in parole semplici, lo spaziotempo è un grande “telo” su cui si appoggia la materia, ovvero i pianeti, le stelle e tutti i corpi celesti che lo “curvano”.
Immaginiamo ora di prendere una pesante palla da bowling, di metterla sul telo e comprimerla sempre di più rimpicciolendola (anche se impossibile nella realtà, questo esercizio mentale riesce a rendere bene il concetto di “strappo nello spaziotempo”). La nostra palla sempre più massiccia tenderà il telo sempre di più, fino a lacerarlo.
Lo stesso avviene nello spaziotempo: quando una stella molto massiccia giunge alla fine della sua esistenza (causata della scomparsa dell’equilibrio tra l’energia potenziale gravitazionale e l’energia termica dei gas al suo interno) tutta la materia di cui è composta collassa per effetto della stessa gravità e si concentra in un corpo, che ipotizziamo sferico per semplificare, con un raggio minore del “Raggio di Schwarzschild” (il raggio minimo di una stella oltre la quale essa collasserà sicuramente in un buco nero). Da questo corpo niente può scappare, nemmeno la luce; la stella collassa come in un “pozzo senza fine” dal quale nulla può uscire. Questo corpo è chiamato buco nero. Abbiamo chiarito dunque il concetto di spazio-tempo e di buco nero.
Cos’è invece un wormhole?
Possiamo immaginarlo come un tunnel nello spaziotempo, attraverso il quale possiamo percorrere molto spazio in poco tempo: sostanzialmente come se scendendo lungo il “pozzo senza fine” di prima arrivassimo in un altro luogo.
La simulazione
Ritorniamo dunque alla nostra notizia originaria pubblicata su Nature da un team di ricercatori dell’Università di Harvard, del Massachusetts Institute of Technology (Mit), del California Institute of Technology (Caltech), del Google Quantum AI e del Fermilab: tramite il computer quantistico Sycamore di Google è stato simulato un wormhole.
Innanzitutto, è bene chiarire come non sia stato effettivamente creato un wormhole, ma sia stata appunto creata la simulazione di una rottura nello spaziotempo.
L’obiettivo di questa simulazione era capire la relazione tra il passaggio attraverso un wormhole e l’entanglement quantistico.
Entanglement quantistico è un processo attraverso il quale la misura un determinato stato, come la velocità o la posizione di una particella, è determinata dalla presenza delle altre particelle. Per capire meglio ci si può rifare ad un esempio pratico: ho due palline identiche adiacenti e le faccio partire alla stessa velocità in direzioni diverse; misuro dunque la posizione di una e la velocità dell’altra: queste due misure sono indipendenti tra loro ma, in realtà, nella meccanica quantistica ciò non avviene, infatti, la misurazione della velocità di una andrà a modificare la misura della posizione dell’altra attraverso il processo chiamato appunto entanglement.
Gli autori della ricerca, Daniel Jafferis e Alexander Zlokapa, e i loro colleghi, basandosi sulla teoria SYK, Sachdev-Ye-Kitaev, hanno programmato il computer Sycamore in modo da ottenere un sistema quantistico che potesse approssimare la gravità.
I risultati ottenuti sono stati positivi e hanno verificato come effettivamente l’informazione possa viaggiare tramite un wormhole seguendo i principi dell’entanglement quantistico.
Come affermato inoltre da Daniel Harlow, fisico al Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston, benché l’esperimento in sé sia stato svolto su un modello molto semplice tanto da poter essere risolto “con carta e penna”, la sua buona riuscita è importante come traguardo tecnico, per poter poi affrontare, con questo stesso metodo, teorie più interessanti riguardo la gravità quantistica.
La simulazione ha avuto quindi anche una funzionalità propedeutica oltre a quella effettiva.
Torniamo ora alle domande che ci siamo posti all’inizio: questo studio è davvero un enorme passo avanti per comprendere questi fenomeni? La risposta è “nì”: questo risultato, benché possa non avere l’importanza epocale che si potrebbe pensare, è un primo step verso esperimenti più importanti in futuro, che forse porteranno luce sulla teoria quantistica della gravità. Non ci resta che aspettare.