La storia scritta dai vincitori

di Maria Luisa Vitale
– Recensione

Crediti: Tasha Jolley/Unsplash

Titolo
Superiori

Autore
Angela Saini

Anno di pubblicazione
2020

Editore
HarperCollins Italia

Pochissimi anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale, scoperti ormai gli orrori commessi dai nazisti e non meno consci degli abusi che anche in altri paesi erano stati fatti seguendo i suoi ideali, l’UNESCO approvò la “Dichiarazione sulla razza”, votata poi all’unanimità nel 1978, che sancisce come priva di fondamento scientifico qualsiasi attribuzione di caratteristiche fisiche o intellettivi legate al concetto di razza. 

Le teorie sull’eugenetica dell’inizio del secolo scorso avevano alimentato il sentimento di riscatto del popolo tedesco; dopo la guerra erano qualcosa da tenere nascoste, ma che continuavano a diffondersi anche in ambienti intellettuali e universitari. E oggi l’idea mai sopita che ci siano individui superiori ad altri per diritto di nascita scritto nel DNA si riaffaccia prepotentemente con manifestazioni di intolleranza e odio, che i nuovi media diffondono ancora più velocemente che in passato. Superiorità fisica, superiorità morale, superiorità intellettuale. 

Angela Saini, giornalista scientifica britannica di origine indiana, attraverso le pagine di “Superiori” ci chiarisce come tutto ciò nasca facilmente da una distorsione dovuta alla prospettiva. Come già nel suo libro precedente “Inferiori”, Saini conduce una indagine che passa dal confronto con scienziati, antropologi e psicologi e parte dalla Gran Bretagna, perché l’idea di superiorità è un concetto moderno che risale al Settecento ed è legato alla scoperta e conquista di nuovi mondi, all’applicazione dello standard europeo a tutti gli altri popoli. Allora è evidente che da quella prospettiva nessuno poteva essere abbastanza bianco, abbastanza moderno, abbastanza evoluto. E sempre in un cambio di rotta, invece di partire dall’Africa come sarebbe facile pensare, Saini inizia il suo libro da una delle popolazioni più antiche della Terra in quello che, visto dall’Europa, è un continente dall’altra parte del mondo: fra gli aborigeni australiani. 

Dall’osservazione fatta dai conquistatori della vita dei nativi australiani nacque infatti l’idea che si trattasse di una specie non evoluta, la rappresentazione di cosa dovessero essere gli umani prima dei cambiamenti che avevano portato alla civiltà dell’uomo bianco. Tutto ciò ignorando una cultura che non comprendevano ed esercitando il loro potere per cancellarla. Il potere è infatti la chiave di tutti i discorsi sulla razza: sia quelli fatti dagli schiavisti per giustificare ciò che infliggevano ad altri uomini, che scanditi oggi negli slogan dei suprematisti bianchi che rifiutano di perdere le loro posizioni di privilegio. E per mantenere questo potere si è pronti a tutto, anche a piegare la scienza e la biologia per far dire loro ciò che non possono. 

Saini quindi ricostruisce, con l’aiuto di genetisti e biologi, quali siano state le maggiori mistificazioni a supporto della teoria razziste e che ancora oggi serpeggiano fra chi le tiene vive con pubblicazioni pseudo scientifiche e blog. E non è difficile scoprire che, oggi come nel secolo scorso, ci sono grandi flussi di denaro che passano nelle tasche di cosiddetti scienziati della razza, e un torbido legame con economia e politica.

La definizione di caratteristiche genetiche che possano evidenziare differenze tangibili tra popolazioni è però un terreno assai insidioso. Saini, in un capitolo che ad alcuni sembrerà controverso, parla anche di Luigi Luca Cavalli-Sforza e del suo “Human Genome Diversity Project” che non trovò consenso nella comunità scientifica. Il progetto si proponeva di studiare il DNA di popolazioni che avevano avuto pochi contatti con il resto dell’umanità, per caratterizzarne le differenze genetiche. Saini, pur ammettendo che Cavalli-Sforza non potesse essere razzista, ne critica comunque l’idea di riuscire a scoprire differenze nel genoma umano che avrebbero aperto la porta alle teorie di razze geneticamente determinate e quindi all’esistenza di criteri per la loro classificazione. Non indugia invece a chiamare razzista James Watson per le sue esternazioni riguardo all’inferiorità genetica degli africani e la superiorità degli ebrei. Proprio lui che alla doppia elica, presunta sede di queste differenze razziali, deve il suo Premio Nobel. 

Non c’è solo la genetica in “Superiori” ma storia, antropologia e archeologia. E in questo caso Saini, non senza ironia, sottolinea come anche la reputazione dei Neanderthal sia stata riabilitata quando abbiamo scoperto che c’era un po’ di loro in ciascuno di noi. Da quel momento, una specie primitiva considerata rozza ha iniziato a essere raccontata come evoluta, ingegnosa, artistica. Persino la ricostruzione dei loro volti e delle loro figure è cambiata: siamo superiori a tutte le altri specie mai esistite, nessuno di noi può avere come parente lontano uno stupido cavernicolo. Per non parlare del brutto colpo che i britannici nazionalisti hanno subito scoprendo che il più antico uomo dell’isola, il “Cheddar man” che consideravano il loro progenitore, ha scritto nel suo genoma il codice di una pelle scura. 

In un testo estremamente ricco Saini indaga a fondo come si costruisce il mito della razza e a vantaggio di chi e di come anche gli scienziati più brillanti siano tentati di confermare le loro teorie appellandosi a profonde differenze genetiche fra umani. Riflette poi sul successo dei kit per scoprire i propri antenati, sul bisogno di cercare radici per definirsi e trovare una propria identità. Persino “Big Pharma”, con la sua medicina su base etnica, riesce a ritagliarsi uno spazio. Le premesse e le conclusioni del libro ci sono ben note: non esistono le razze umane e il nostro patrimonio genetico è il risultato di una specie che solo recentemente è diventata stanziale, ma che per migliaia di anni si è spostata, mescolata intrecciando geni e cultura. E le differenze culturali, che danno fondamento ai pregiudizi, sono anch’esse ben studiate da Saini, per affermare che non c’è predisposizione genetica che tenga se non si valuta l’ambiente in cui un individuo è portato a esprimersi. 

Se nel panorama letterario l’argomento non è nuovo, il modo in cui “Superiori” affronta ogni il tema ne fa un libro completo e non banale, mettendoci davanti ai piccoli pregiudizi che non sapevamo neanche di avere, ma anche ammonendoci su come i movimenti neonazisti, i suprematisti bianchi, i nazionalisti di tutte le latitudini siano pronti a riscrivere con ogni mezzo la storia per mantenere il loro status di vincitori. Si tratta sempre e solo di razzisti, anche se oggi preferiscono farsi chiamare “realisti della razza”.