Il curioso caso della legge di Hubble-Lemaître – Parte I

di Marco Dian
– Astronomia

Nel 1927 il sacerdote belga George Lemaître introduce per primo la legge di espansione dell’universo ma il merito della scoperta è sempre stato riconosciuto solo all’astronomo Edwin Hubble che l’ha derivata nel 1929. Soltanto nel 2018 la comunità astronomica ha riconosciuto la paternità della legge a entrambi. Ecco la storia di come è andata.

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Webb’s First Deep Field, fotografia dell’ammasso di galassie SMACS 0723 sfornata dal telescopio spaziale James Webb. Crediti: NASA/ESA/CSA/STScI

Il movimento dell’universo

Fin dalla sua nascita, avvenuta 13.8 miliardi di anni fa, l’universo non ha mai smesso di espandersi. Questa espansione non è semplicemente l’allontanarsi di una galassia dall’altra, ma è proprio uno stiramento dello spazio (e del tempo). Di tutto lo spaziotempo. 

Per illustrare questa espansione l’esempio più classico è quello del palloncino: disegniamo alcuni puntini, che rappresentano le galassie, su di un palloncino sgonfio. Gonfiando il palloncino vedremo che i puntini si allontanano l’uno dall’altro man mano che la superficie si tende e si ingrandisce. Se da un lato l’esempio fa capire che ogni galassia si allontana l’una dall’altra, dall’altro esso è fuorviante per diversi motivi. Innanzitutto il palloncino ha un centro ben preciso, mentre l’universo non ce l’ha. Non c’è alcuna direzione dell’espansione nel cosmo, non esiste un centro a partire dal quale le galassie si allontanano. Nell’universo ogni galassia si allontana dall’altra e non c’è un osservatore privilegiato. Inoltre, anche i puntini, essendo inchiostro sul palloncino, si espandono mentre le galassie nell’universo non lo fanno. La gravità tra le stelle di una galassia è più forte dell’espansione.

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Classico esempio del palloncino per rappresentare l’espansione dell’universo e l’allontanarsi delle galassie. Crediti OneMinuteAstronomer.com

C’è poi un altro aspetto che forse è il più importante di tutti. Nell’esempio del palloncino i puntini si allontanano l’uno dall’altro alla stessa velocità, ma la realtà è ben più sorprendente: le galassie distanti si allontanano più velocemente rispetto a quelle vicine. E questo avviene per ogni punto dell’universo. Anche gli ipotetici abitanti della galassia di Andromeda, M31, vedrebbero lo stesso panorama, osserverebbero cioè un universo in espansione accelerata.

Espansione dell’universo fa rima con Hubble, anzi, con Hubble-Lemaître. Non è che faccia rima veramente, ovvio, ma furono proprio il sacerdote belga George Lemaître, nel 1927, ed Edwin Powell Hubble, nel 1929, che rivoluzionarono l’astronomia e la concezione dell’universo stesso.

Per ragioni storiche si è sempre attribuito ad Hubble tutto il merito della scoperta, senza riconoscerlo pienamente anche a George Lemaître. Questo è dovuto principalmente al fatto che nella ristampa inglese del suo articolo, risalente al 1931, non c’era traccia della legge di espansione che aveva scoperto indipendentemente da Hubble quattro anni prima (e due anni prima dell’americano). 

Come mai la legge e la costante  di espansione dell’universo non comparivano nell’articolo del 1931?  Negli anni si è arrivati a parlare di censura e di complotto nei confronti di Lemaître. Ma il prete belga è stato veramente censurato? E chi l’avrebbe messo a tacere? Potrebbe essere stato Hubble stesso ad aver voluto oscurare la stella nascente di Lemaître?

Ecco la storia di come è andata veramente.

Soluzioni incompatibili e strane velocità

Nel 1923 George Lemaître, dopo essere stato ordinato sacerdote, trascorre un anno all’Università di Cambridge sotto la supervisione del grande astronomo inglese Arthur Eddington che lo introduce alla cosmologia moderna. L’anno successivo si trasferisce negli Stati Uniti, ad Harvard, dove collabora con Harlow Shapley nello studio delle nebulose. 

Nel 1925 è ancora negli Stati Uniti, a Boston, e sta studiando a fondo la Relatività Generale di Albert Einstein, pubblicata meno di 10 anni prima, nell’ambito della sua tesi di dottorato al Massachusetts Institute of Technology dal titolo “Il campo gravitazionale in una sfera di densità uniforme invariante in accordo con la teoria della relatività”. In questa occasione approfondisce le due soluzioni alle equazioni della relatività che permettono la descrizione dell’universo.

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Un giovane George Lemaître discute con Albert Einstein durante una delle sue numerose visite negli Stati Uniti. Crediti: Web.

Una di queste, trovata dal fisico olandese Willem de Sitter assieme al padre della relatività, Einstein, si basa sull’assunzione che l’universo sia sostanzialmente piatto (ovvero uno spaziotempo con curvatura nulla), vuoto e a densità nulla, dominato dall’energia del vuoto che, esercitando una pressione negativa, lo fa espandere senza mai fermarsi. Dall’altro lato, invece, c’è la soluzione di Einstein stesso: un universo popolato dalla materia e con densità non nulla, ma statico, immobile, immutabile. 

Con l’universo di de Sitter si possono spiegare le velocità radiali delle galassie, già note da diversi anni, mentre con quello di Einstein è possibile descrivere la presenza della materia. I due modelli, però, sono incompatibili tra loro e questo stimola Lemaître nel cercare una soluzione comune poiché secondo il belga «è sorprendente che la teoria non possa fornire una via di mezzo tra questi due estremi».

Mentre si trova in America, Lemaître ne approfitta e fa un tour visitando i più importanti osservatori della nazione. Nel 1925 è a Washington dove incontra Edwin Hubble che sta divulgando e donando alla comunità scientifica i dati più recenti delle distanze delle galassie (o, com’erano chiamate all’epoca, nebulose extragalattiche) ricavati dalle osservazioni all’osservatorio di Mount Wilson. È in questo momento che capisce l’importanza di studiare i movimenti di queste nebulose perché potrebbero avere un ruolo nell’incompatibilità dei due modelli di universo. 

Sempre nello stesso anno, dopo aver conseguito la tesi di dottorato al MIT, Lemaître torna in Belgio e viene nominato professore ordinario presso l’Università di Louvain, dove continua a lavorare sui temi cosmologici, alla ricerca di una soluzione che metta d’accordo il modello di de Sitter e quello di Einstein.

Eureka!

La risposta di Lemaître alle difficoltà di conciliare le due soluzioni alle equazioni di Einstein non tarda ad arrivare. Nel 1927 avanza una proposta per poter risolvere la questione dei modelli di universo e trovare una teoria che spieghi il comportamento delle nebulose extragalattiche. Pensa a qualcosa a cui nessuno aveva mai pensato prima: prende il modello di universo di Einstein, quindi con la materia, e suppone che il suo raggio cambi con il tempo. Lo chiama «universo di Einstein a raggio variabile» e in questo modello è lo spazio stesso ad espandersi. Oggi diremmo che si tratta di un universo in espansione. 

La cosa straordinaria è che questa teoria è appoggiata anche dalle osservazioni. Infatti, utilizzando i dati allora disponibili sulle velocità di alcune galassie e combinandoli con quelli di Hubble sulle loro distanze, ottenuti mentre era in visita negli Stati Uniti, Lemaître scopre qualcosa di incredibile: le galassie più distanti si allontanano con una velocità maggiore rispetto a quelle più vicine. L’universo si espande davvero! E non sono le galassie a muoversi ma è l’intera trama dello spaziotempo a farlo.

Il ritmo di questa espansione è lineare: mettendo in un grafico le distanze delle galassie sulle ordinate e le loro velocità sulle ascisse, Lemaître calcola il coefficiente di espansione, una costante che dice quanto velocemente si allontanano le galassie rispetto alla loro distanza. Essa si misura in chilometri al secondo (velocità) per ogni mega-parsec* di distanza (km/s/Mpc). 

Secondo Lemaitre il suo valore è di circa 625 km/s/Mpc, anche se ammette che «l’accuratezza nelle misurazioni delle distanze non è tale da poter ritenere valida la legge lineare». Il sacerdote belga scopre così la legge di espansione dell’universo.

Una relazione teorica che trova riscontro nelle osservazioni è una combo micidiale che non può essere ignorata ma deve essere pubblicata e il mondo lo deve sapere. Infatti, le riflessioni di Lemaître finiscono per diventare un articolo scientifico che, però, ha un enorme difetto: non lo legge quasi nessuno. Un Univers homogène de masse constante et de rayon croissant rendant compte de la vitesse radiale des nébuleuses extra-galactiques viene pubblicato nel 1927 in francese su Annales de la Societé Scientifique de Bruxelles, una rivista belga che non ha un grande seguito all’interno della comunità scientifica internazionale. Il geniale lavoro di George Lemaître resta nell’anonimato.

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Il parsec (abbreviato in pc) è l’unità di misura delle distanze astronomiche ed equivale a 3,26 anni luce. Per distanze su scale cosmologiche (quindi dell’ordine di galassie e ammassi di galassie) si utilizzano i megaparsec (Mpc). Un Mpc equivale a un milione di parsec, quindi a 3,26 milioni di anni luce.